ANALYTICS ED ECF: IL RECRUITING RICHIEDE ESPERIENZA

Analytics, inutile negarlo, è la parola magica che fa volare il settore delle competenze digitali (+21,3% degli investimenti nel 2019 secondo una ricerca degli osservatori del Politecnico di Milano).

Se venisse quindi preso in esame questo mercato degli Analytics potremmo facilmente pensare che la trasformazione digitale in Italia sia ormai un processo ben consolidato. La realtà è purtroppo diversa ed è uno studio a cui ha partecipato AICA a evidenziarlo. LOsservatorio delle Competenze Digitali, giunto alla sua quinta edizione, più che di gap tra domanda e offerta descrive un vero e proprio baratro, che occorrerà ridurre il più velocemente possibile per lo sviluppo industriale del sistema paese.

Chi trova uno “specialist” trova un tesoro!

Se fino a qualche anno fa, per soddisfare le esigenze delle aziende, era sufficiente che il profilo del candidato includesse una laurea in ingegneria/informatica, ora la situazione è radicalmente diversa. Le figure professionali specializzate sono sempre più difficili da “scovare”, vuoi perché fisicamente non disponibili, vuoi perché non ancora ratificate dallo standard eCF, e-Competence Framework. Ma andiamo con ordine.

Se il vostro attuale (o prossimo) profilo rientra tra uno di questi, Data Analyst, Data Visualition Expert, Data Engineer, AI specialist, Blockchain specialist, IOT specialist, Mobile specialist e Robotics specialist, il vostro futuro (immediato) è assicurato. E se dal canto loro le Università stanno laureando giovani specialisti a ritmo continuo, le aziende aumentano la domanda di figure ancora più ibride, possibilmente già pronte per entrare all’interno di progetti sempre più sfidanti e articolati. Le contribuzioni in questo settore sono fortunatamente più alte della media, ma vengono richieste anche soft skills di coordinamento, progettazione e sviluppo. A parità di formazione sono quindi queste a fare la differenza e per un’attenta selezione sono richieste specifiche conoscenze da parte del recruiter interno o sempre più spesso, esterno.

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Manca il “materiale umano”

Vediamo qualche dato. Per il triennio 2019-2021 si prevedono dalle aziende fra le 67.100 e le 94.500 richieste, mentre il sistema formativo ne fornirà meno di 82.000, di cui due terzi diplomati e un terzo laureati. Il totale, sebbene in crescita (nel precedente triennio erano 73mila) vede, per l’anno che sta per chiudersi, ancora una sproporzione tra diplomati (17.200) e laureati (9.300). Alle aziende non bastano.

Nel 2017 mancavano all’appello 4.400 laureati. Nel 2019 il gap aumenta a 5100, ben il 35% del fabbisogno. Le aziende si rivolgono quindi al florido “mercato” dei diplomati, in netto e costante aumento anno su anno (95% in più rispetto alle richieste del settore). Il problema della bassa qualificazione specialistica di questi ultimi viene quindi superata dalle aziende con corsi di post-diploma e formazione interna. Ruolo importante rivestono quindi le Academy e le società di formazione e consulenza. Occorre in ogni caso aumentare l’interazione tra industria e istituti superiori, riducendo ulteriormente il periodo di apprendimento e l’inserimento di giovani e motivate figure nelle aziende.

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Analytics e IA trainano il settore

Secondo quanto emerso dalla ricerca di AICA spetta ora alle Università togliere il numero chiuso/programmato e fare orientamento e sensibilizzazione al digitale. Il mercato richiede figure sempre più ibride e non solo esperti in Analytics, che sappiano integrare conoscenze in materie umanistiche ad approfondite digital skill, come nel settore dell’AI. Occorre quindi ridurre drasticamente i lunghi tempi di adeguamento al mercato dei percorsi universitari. Secondo quanto evidenziato dalla ricerca, attualmente sono oltre 4500 i posti vacanti e non ancora configurati per le nuove professioni altamente specializzate. Grazie anche a un mercato degli Analytics, che nel 2019 varrà 1,7 Miliardi di euro, sono in crescita sono in crescita le lauree ICT con focus su Big Data e Data Science (49% dei corsi con copertura medio-alta) e Sicurezza Informatica/Cybersecurity (56% dei corsi con copertura medio-alta).

In forte crescita anche la formazione su IA, dove oltre il 64% dei corsi censiti hanno una copertura medio-alta delle tematiche, e IOT dove almeno il 25% tratta in maniera abbastanza approfondita la materia.

La ricerca evidenzia però una limitata offerta formativa in area cloud computing (24% dei corsi con copertura medio-alta), mentre manca ancora la copertura dei temi sull’utilizzo in ambito aziendale e gli aspetti contrattualistici/legali e finanziari.

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A conclusione, riportiamo qui quanto emerso dalla ricerca congiunta di AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, con il contributo di CFMT e il patrocinio di Miur e Agid.

Interventi prioritari

Dalle interviste alle aziende emergono alcuni interventi prioritari subito necessari:

– Rafforzare training e aggiornamento delle competenze del personale docente.

– Aumentare la consapevolezza che i lavori più qualificati aumenteranno e i lavori meno qualificati saranno sostituiti da macchine intelligenti.

– Stimolare l’upskilling della forza lavoro ICT nelle aziende.

– Riallineare continuamente i percorsi di studio all’innovazione e all’interdisciplinarietà, anche indirizzando verso gli ITS gli studenti che abbandonano i corsi di laurea ICT.

– Potenziare gli insegnamenti su nuove tecnologie, metodologie e competenze soft.

– Assicurare un ecosistema più favorevole alla diffusione di una cultura imprenditoriale tra i professionisti dell’ICT.

– Moltiplicare le opportunità per le esperienze di apprendistato.

– Accrescere le opportunità di imprenditorialità digitale dei neolaureati ICT.

– Creare percorsi di laurea ICT trasversali o di filiera (esempio cloud, cognitive computing).

– Promuovere network collaborativi di filiera come modelli di accelerazione

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